Dirò - nalì, I classificata

« Older   Newer »
  Share  
MedusaNoir
view post Posted on 25/3/2013, 18:22     +1   -1




Dirò



Il sole tinge d’arancio l’orizzonte; un rivolo di sudore scompare tre le fibre del tessuto della camicia chiara e Sandro stringe al petto il fagottino addormentato, fissandola.
“Vale continua a chiedermi di te, lo fa a modo suo, naturalmente, e Francesco non fa che paragonare i suoi occhi ai tuoi. Ma si sbaglia. Vale non ha i tuoi occhi. Le ciglia sono lunghissime, come le mie. Lo sai anche te.”
Prende aria, abbozza un sorriso – che è quasi un ghigno nello scuro di quella fossetta sulla giancia – e nasconde lo sguardo oltre le palpebre.
“Tu li ami i miei occhi, lo so. Lo sai. Glielo racconterò un giorno, così potremo prenderti in giro insieme.”

Gli dirò che ti sei innamorata di quelli, e che io detestavo i tuoi. Non facevi che guardarmi male.
Gli dirò delle nottate in spiaggia a fissare le stelle con la pretesa di capire qualcosa di astronomia.
Gli dirò del tuo sorriso. Gli dirò della tua voce e ancora di stelle.Tu le amavi così tanto ed io non capivo, non capivo cosa ci fosse di così potente e spettacolare in piccoli punti luminosi.
“Perché una stella non si può strappare via dal cielo.” Mi hai risposto tu una sera e non so se ho capito davvero ciò che intendevi, ma i tuoi occhi non sono mai stati più belli.

Sandro respira in fretta, come se stesse per spezzarsi e l’aria fa male quanto milioni di spine ed aculei spinti a squarciare la pelle della gola.
“Pensavo che dovremmo portarlo in spiaggia. Il mare è uno spettacolo. Tu ci staresti giornate intere lì, no? Sì, lo copriremo bene, non preoccuparti.” Borbotta in fretta, accovacciandosi sulle ginocchia.
“Nostro figlio è una tigre, Gà. Ma non c’è bisogno che te lo dica, no? Morde anche, come te.” E Sandro ridacchia un poco, stringendo il piccolo tra le braccia. Il peso dei ricordi fa un male cane.
“Gli dirò anche questo, tesoro. ”

Gli dirò che litigare con te era normale, come è stato normale poi, guardarti fisso e sognarti di continuo, baciarti per ore.
Gli dirò del vestito ametista che ti ho tolto quella sera e del calore delle tue mani su di me, o forse no.
Gli dirò dei battiti frenetici del mio cuore e del respiro mozzo di quando ti vedevo, di quando mi toccavi.
Gli racconterò del tuo odore e dei tuoi sogni, di quanto detestassi l’inverno, di quanto desiderassi colorare di rosso la sabbia, perché quell’ocra era un colore davvero troppo triste.Triste quanto tuo padre.
Gli dirò dei vestiti nel nostro armadio, delle giornate trascorse a rincorrerti per negozi, dei due cucchiaini nel caffè, dei tuoi libri, della voce di Donny Hathaway in “I Know It’s you”.
Gli dirò di te.
Del mio amore per te. Del tuo respiro. Del tuo, di amore. Per me, per lui.

Prende aria, Sandro, stringe i denti e gli occhi s’inumidiscono di qualcosa che forse è rabbia, forse è dolore.
Fa per dire qualcosa, ma le parole son troppe e rimangono impigliate da qualche parte dentro o tra le dita della mano destra che non riesce a star ferma.
Le bocca si apre ancora, ma non succede niente.
Perché?
Il vento s’alza improvviso, quando il piccolo mugugna, svegliandosi, e Sandro sospira.
“Ora andiamo, Vale. Ora andiamo. Aspetterò che il vento si calmi – che si calmi un po’.”
Ma il vento non si calma, il dolore nemmeno e Sandro si arrende aggrappandosi al calore del piccolo tra le sue braccia, facendo forza sui talloni e mettendosi in piedi.

“Saluta la mamma, amore.”
Le dita sfiorano la lapide bianca per pochi attimi, Valentino sorride al suo papà.
“Saluta la mamma.”
 
Top
0 replies since 25/3/2013, 18:22   30 views
  Share